La Cgil e i Liberi professionisti: Roma 3 e 4 ottobre 2013

iniz_cgil-646x336Diritti e rappresentanza nel lavoro professionale
Era questo il tema della Conferenza d’indirizzo della ‘Consulta del Lavoro Professionale’ CGIL, a Roma il 3 ottobre (presso l’Università Marconi in via Vittorio Colonna 11) e il 4 ottobre (presso la sede nazionale del sindacato in corso d’Italia 25).

Sembra, quindi, che i tempi siano finalmente maturi per una nuova strategia del sindacato che esca dall’ idea che la tutela del lavoro sia solo quella strettamente dipendente: aprire alla rappresentanza del lavoro professionale è una scelta ideologica fatta dal Segretario Camusso, scelta, del resto, non più procrastinabile in una società terziarizzata. L’ambizione è quella di svolgere una forte azione contrattuale inclusiva per tutti i lavoratori e di operare per un allargamento delle tutele, mentre l’obiettivo sarebbe quello di favorire il dibattito su nuove tematiche, attraverso l’ascolto e il dialogo con realtà associative e sindacali professionali che non siano precluse al dialogo con un sindacato dei lavoratori, e con CGIL in particolare.
C’è voluto del coraggio, indubbiamente, per portare in CGIL il mondo delle professioni che, storicamente, la sinistra, ed il sindacato a questa più vicino, ha sempre considerato una controparte non dialogante e non si può non ringraziare il Segretario, che ha chiuso i lavori nella prima giornata.
Nel secondo, e ultimo giorno, i lavori sono cominciati con la proiezione di alcune video-interviste e, grazie al coordinamento di Davide Imola, sono proseguiti con 4 workshop su: “Legislazione e accesso alle professioni” con Rossana Dettori (segretario generale Fp Cgil); “Welfare” con Vera Lamonica (segretario confederale Cgil); “Reddito e Diritti” con Franco Martini (segretario generale Filcams Cgil); “Contrattazione Inclusiva” con Massimo Cestaro (segretario generale Slc Cgil). Il programma prevedeva che nel pomeriggio, dopo i report dei workshop, gli interventi programmati di Sergio Bologna, Aldo Bonomi (Aaster), Giuseppe Casadio (Cnel), Emiliano Mandrone (Isfol), Claudio Treves (Nidil), Ilaria Lani (Politiche Giovanili Cgil), Paolo Terranova (Agenquadri), Gaetano Stella (Confprofessioni), Angelo Deiana (Confassociazioni), Emiliana Alessandrucci (Colap) e le conclusioni del segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada, ci fosse un dibattito: di fatto, i tempi si sono allungati ed il dibattito è sfumato, lasciando una sensazione di incompiutezza e la convinzione che sia necessario un linguaggio diverso da quello utilizzato che è stato più affine alle contrattazioni sindacali classiche.
Non sono utili dialettiche “da sindacato tradizionale” in un contesto come quello delle libere professioni; il professionista, iscritto o meno ad un Ordine o un Albo, se è autenticamente autonomo, non si vede come un ingranaggio aziendale; pensa a se stesso come chi interagisce pariteticamente con la controparte.
Questa filosofia è stata ben compresa e ribadita da molti relatori (particolarmente interessante l’intervento di Bologna, di Casadei e di Stella) mentre nei work shop questo passaggio non è parso ben sviluppato dai report.
In particolare, è stato deludente il report del work shop “Reddito e Diritti” che non ha assolutamente evidenziato gli input che sono venuti dai partecipanti. Quando si pensa ai Diritti e al Reddito, il professionista ha in mente una serie di variabili che incidono fortemente sulla qualità della professione: incertezza dell’esigibilità dei crediti nei confronti del cliente assistito, azienda, ente pubblico o privato, previdenza, sia essa privatistica, con la propria cassa, sia essa pubblico, con la gestione separata, fiscalità che fa della tassazione dei redditi da lavoro autonomo un ibrido tra azienda e privato.
Il libero professionista non chiede un CCNL, né di primo né tantomeno di secondo livello: ad un sindacato chiede il superamento dei preconcetti nei confronti del lavoro professionale, condivisi in maniera bipartisan dagli schieramenti politici diversi, che hanno indicato nelle professioni la causa dei mali dell’economia italiana, e chiede consenso sociale per quelle riforme strutturali che abbiano come obiettivo proprio il superamento degli handicap citati, riforme che sono, però, necessarie per tutti.
Un primo timido passo è stato fatto: il documento, a cui si rimanda, e le pubblicazioni, sono sostanzialmente condivisibili. Sarebbe auspicabile un ulteriore dibattito con una diversa metodologia: più spazio ai professionisti e più attenzione alle proposte e alle istanze che da questi arrivano.
Mirella Di Lonardo
www.cgil.it/…/Documento_dipartimento_su_professioni_definitivo.pdf‎